14 febbraio, 2013

FOTO DEL GIORNO


13 febbraio, 2013

Identificati i "neuroni dei massaggi"


Un gruppo di cellule nervose individuate nei topi si "accende" quando i roditori vengono accarezzati. Sarebbero simili a quelle che nell'uomo, si attivano in risposta alle coccole.


Chi dei due sta ricevendo un massaggio? I neuroni che si accendono in risposta a piacevoli stimoli tattili potrebbero spiegare perché le carezze sono così apprezzate dai mammiferi. Photo credit: Myxi, Flickr
Chi dei due sta ricevendo un massaggio? I neuroni che si accendono in risposta a piacevoli stimoli tattili potrebbero spiegare perché le carezze sono così apprezzate dai mammiferi. Photo credit: Myxi, Flickr

Quando lo accarezzate, il vostro gatto vi ringrazia con una sinfonia di fusa. E probabilmente anche voi fate lo stesso se, tornati a casa dal lavoro, trovate ad accogliervi un bel massaggio. La tendenza ad apprezzare carezze e contatti delicati sulla pelle o sul pelo è una caratteristica comune a molti mammiferi, ma finora non si sapeva quali fossero i neuroni deputati a captare questo stimolo.

Le cellule nervose che si "accendono" in risposta a carezze e massaggi sono state identificate per la prima volta nei topi, e non sono poi tanto diversi da certi neuroni umani: lo sostiene un gruppo di ricerca del California Institute of Technology di Pasadena (USA) in uno studio pubblicato su Nature.

Responsabili del piacere

I ricercatori hanno utilizzato una speciale spazzola per pizzicare, urtare o accarezzare gli arti inferiori di alcuni topi di laboratorio. Un particolare tipo di neuroni, identificati da marker molecolari, ha risposto in modo specifico alle carezze. Grazie a una tecnica di imaging, gli scienziati hanno osservato i neuroni rispondenti allo stimolo piacevole "accendersi" - manifestando bagliori fluorescenti - quando gli animali venivano accarezzati. La fluorescenza rappresentava in questo caso l'aumento di calcio tipico di un neurone che si attiva. Un altro gruppo di cellule nervose si è invece attivato solamente in risposta allo stimolo doloroso del pizzicotto ma non alle carezze.

Uno stimolo molto apprezzato

Esperimenti comportamentali hanno poi confermato che i topolini effettivamente apprezzavano l'essere accarezzati. Gli animali utilizzati erano infatti stati geneticamente modificati in modo che una semplice iniezione potesse attivare i neuroni sensibili agli stimoli piacevoli, e i roditori, messi di fronte a una scelta tra diversi comparti del laboratorio, hanno preferito dirigersi verso quello in cui solitamente veniva loro praticata questa iniezione.



L'attivazione di questi neuroni aiuta anche ad alleviare i sintomi dell'ansia e questo potrebbe spiegare perché molti mammiferi apprezzano attenzioni come carezze e grooming. Anche se non siamo pelosi come topi, i neuroni individuati nelle cavie somigliano a quelli presenti nella parte più superficiale della nostra pelle (solo in quella coperta di peluria e non, per esempio, sul palmo delle mani). Buono a sapersi, anche se è troppo presto per pensare a possibili risvolti terapeutici.

Il tuo gatto è un serial killer (si fa per dire)


Dietro al muso angelico del felino di casa si nasconde una tigre con un innato senso della caccia: i numeri delle sue vittime negli USA.


Dietro a quell'aria innocente si cela un cacciatore nato. E i numeri della "strage" fanno spavento. Photo credit: arquera, Flickr
Dietro a quell'aria innocente si cela un cacciatore nato. E i numeri della "strage" fanno spavento. Photo credit: arquera, Flickr

Vi aspetta a casa ogni giorno, si struscia contro le vostre gambe e si accoccola accanto a voi appena toccate il divano. Il vostro micio potrebbe sembrare una creatura tenera e indifesa, ma attenti: dietro a quel musetto angelico si nasconde l'indole di un temibile predatore. Che non se la prenderebbe con voi per nessuna ragione, ma che non esita ad uccidere a sangue freddo uccelli, topi e altri piccoli roditori.

Un'ecatombe finora sconosciuta

I ricercatori dello Smithsonian Conservation Biology Institute e dell'US Fish and Wildlife Service hanno utilizzato i dati di una serie di studi locali e progetti pilota per arrivare a una stima del numero totale di animali deceduti sotto le grinfie dei gatti domestici e selvatici degli Stati Uniti. Il numero è da capogiro: 3,7 miliardi di uccelli e 20,7 miliardi di piccoli mammiferi ogni anno sono uccisi da i nostri amici felini. Lo studio è stato pubblicato su Nature Communications.

Topi di città e di campagna, conigli, toporagni: la strage di animali perpetrata dai gatti raggiunge numeri fino ad oggi impensati ed è probabilmente tra le principali minacce non umane (ma legate all'uomo) per la fauna selvatica del Nord America. Qui infatti muoiono più creature per i mici che a causa di incidenti con auto, collisioni con strutture create dall'uomo e agenti chimici.
 

Testimonianze video

Monitorando attraverso piccole telecamere la routine giornaliera di gatti domestici e selvatici gli scienziati hanno scoperto che gli 84 milioni circa di gatti domestici americani uccidono tra i 4 e i 18 uccelli all'anno ciascuno, e tra gli 8 e i 21 piccoli mammiferi. Ma i gatti selvatici arrivano a freddare - per ovvie ragioni di sussistenza - fino a 46 uccelli e 338 piccoli mammiferi a testa ogni 12 mesi. E negli Stati Uniti ce ne sono tra i 30 e gli 80 milioni. Cifre che in alcune aree di particolare concentrazione felina, potrebbero anche mettere a rischio questo genere di fauna selvatica.

Il Riccardo III di Shakespeare sepolto sotto a un parcheggio


Le analisi del DNA hanno confermato che quelle rinvenute alla fine della scorsa estate sono le spoglie del re plantageneto descritto come gobbo e spietato da Shakespeare.


Lo scheletro rinvenuto sotto ai resti dell'antico convento francescano di Greyfriars, dove ora c'è un parcheggio, appartiene a Riccardo III re d'Inghilterra. Photo credit: University of Leicester
Lo scheletro rinvenuto sotto ai resti dell'antico convento francescano di Greyfriars, dove ora c'è un parcheggio, appartiene a Riccardo III re d'Inghilterra. Photo credit: University of Leicester

Un parcheggio non è certo un luogo molto "regale" dove trovare sepoltura. Eppure lo scheletro rinvenuto alla fine della scorsa estate sotto all’area sosta del Consiglio Municipale di Leicester (UK) è proprio quello di Riccardo III re di Inghilterra, ultimo dei Plantageneti, morto in battaglia nel 1485 all’età di 32 anni.Il sospetto che si trattasse proprio del sovrano dipinto come gobbo e senza scrupoli nell’omonimo dramma di Shakespeare era già avvalorato da molti indizi.
Primo fra tutti il luogo di sepoltura: lo scheletro del re è stato rinvenuto tra i resti del convento francescano di Greyfriars, un luogo di culto andato distrutto le cui vestigia medievali giacevano nascoste sotto all'asfalto. Poi, le evidenti ferite da taglio visibili sul cranio, compatibili con la tradizione che voleva il re morto nella piana di Bosworth, nell’ultima fase della Guerra delle Due Rose contro le truppe di Enrico Tudor.
Ora è arrivata anche la conferma del DNA: la comparazione di quello estratto dalle ossa con quello di un discendente sulla linea materna conferma che quelli rinvenuti sono proprio i resti del re.

Prove schiaccianti

I ricercatori dell’Università di Leicester sono riusciti a estrarre un campione di DNA non eccessivamente degradato dalle ossa del sovrano e a confrontarlo con quello del figlio di una discendente di 17esima generazione di una delle sue due sorelle. Le analisi hanno confermato che sepolto sotto al coro dell’antica cappella francescana, situato un tempo in corrispondenza del parcheggio, c’era proprio il sovrano.

La datazione al radiocarbonio delle ossa le colloca in un periodo compreso tra il 1455 e il 1540, compatibile con l’esistenza del re. Analisi archeologiche confermano inoltre che lo scheletro apparterrebbe a un uomo deceduto sul finire dei suoi vent’anni o all’inizio dei trenta, e anche questo dato torna. Ma c’è di più: il cranio presenta due ferite potenzialmente fatali, una che arrivò a rimuovere una parte di scatola cranica, e un’altra profonda 10 centimetri, che lo attraversò in toto. Lesioni che provocarono probabilmente la morte sul campo come riportato dalle fonti storiche.

Altre ferite da "sfregio" sono visibili sulla colonna e la posizione delle braccia potrebbe far pensare a una sepoltura con i polsi legati. Lo scheletro presenta infine segni evidenti di scoliosi, una curvatura della schiena attribuita al re da molti documenti storici e che fa apparire le spoglia molto più corte rispetto alla statura di un uomo medio.

Il convento di Greyfriars fu demolito nel 16esimo secolo e la sua collocazione successiva rimane un mistero. Le spoglie del sovrano saranno ora sepolte all’interno della cattedrale di Leicester.

Il re dei numeri primi


Un matematico americano trova il più grande numero primo mai verificato finora: è composto da oltre 17 milioni di cifre.


Con la matematica ci si può divertire? Secondo alcuni è paragonabile allo sport... (© Anna Peisl/Corbis)
Con la matematica ci si può divertire? Secondo alcuni è paragonabile allo sport... (!!!???)

Immaginate un numero composto da 17.425.170 cifre e con un significato preciso: per stamparlo dovreste usare quasi 3.000 fogli che, messi uno dietro l'altro, formerebbero un nastro di carta lungo un paio di km. Questo numero c'è: è il nuovo numero primo più grande mai verificato finora, un re tra i numeri, destinato a primeggiare fino al prossimo calcolo chilometrico.

Che numeri, questo numero! Il calcolo è opera del matematico americano Curtis Cooper e di un team di ricercatori della University of Central Missouri, che hanno prodotto - e verificato - un nuovo numero-record che supera di 5 milioni di cifre l’ex detentore del primato, calcolato 5 anni fa dallo stesso Cooper. Ma che cos’è un numero primo? È un numero maggiore di 1 che non ha altri divisori all’infuori di 1 e di se stesso: sono ad esempio numeri primi 2, 3, 5, 7, 11, 13, 17... Per queste "grandezze" la verifica è semplice, ma diventa via via più complessa a mano a mano che i numeri sono più grandi, fino a superare la capacità di calcolo umano. Per verificare che il nuovo numero fosse effettivamente primo, Cooper e il suo team hanno dovuto utilizzare un sistema per il calcolo distribuito, GIMPS (Great Internet Mersenne Prime Search), un'applicazione messa a punto da George Woltman, informatico in pensione e appassionato di matematica.

se 2012 DA14…


Ore 20 e 05 del 15 febbraio 2013. Manca una manciata di minuti al passaggio dell’asteroide 2012 DA14. Il mondo intero lo segue con curiosità, ma non c’è interesse per l’evento. In Italia gli scandali, le dimissioni del Papa, Sanremo, fanno passare la notizia in secondo piano. La Nasa ha affermato da tempo che esso ci passerà a 27.700 km di quota. E’ vero, sarà vicinissimo alla Terra, passerà addirittura sotto i satelliti geostazionari, i satelliti meteorologici e per telecomunicazioni per intenderci, ma non ci colpirà. E’ così piccolo quell’oggetto, poco più di circa 55 m di diametro, e così veloce, si muove a circa 28.000 chilometri all’ora, che nessuno lo vedrà se non qualche astronomo e astrofilo super attrezzato. La Nasa lo “inseguirà” con i propri radiotelescopi nelle ore successive al massimo avvicinamento per definirne i contorni e le caratteristiche. Insomma una mera curiosità per la gente. Di quell’oggetto si sa tutto: ripasserà vicino alla Terra nel 2046, ma a qualche milione di chilometri. La Deep Space Industries, una società che vorrebbe al più presto usare gli asteroidi come miniere, ne ha calcolato addirittura il valore commerciale: 200 miliardi di dollari: lassù vi è acqua per 70 miliardi di dollari il resto sono minerali di interesse comune. Ma…
Ore 20:15: un’agenzia dice che la Nasa non lo vede più sui propri radar. Dopo un minuto anche altri radiotelescopi che lo seguivano confermano che non c’è più… Si è dissolto… Dov’è finito?
Ora 20:18: un altro flash d’agenzia. Un astrofilo ha fotografato una luce 3 minuti prima in prossimità dell’asteroide. I telegiornali virano le loro scalette. Tutti se ne occupano. Anche le piccole TV che stavano preparandosi a raccontare la partita del Milan parlano dell’asteroide. I conduttori non ne sanno nulla, improvvisano, farfugliano… La gente scannerizza tutti i programmi. RaiNews24 ha un ascolto del 24%. Rai 1 sale al 48%, il resto se lo dividono le altre TV.
Ore 20:20: ecco la soluzione al mistero. Un oggetto piccolissimo, di soli 6 metri di diametro, ha colpito l’asteroide. Forse un pezzo di satellite fuori uso passato inosservato, forse un altro asteroide non rilevato dai radar terrestri perché troppo piccolo. I computer della Nasa rifanno i calcoli dell’orbita che l’asteroide dovrebbe ora avere. Nella sala del Goddar Space Center della Nasa cala il silenzio. Non c’è più tempo per avvisare nessuno. I tecnici della Nasa scoprono che alle 20:26 quel che rimane dell’asteroide (un oggetto di 40 metri) colpirà la Terra. Inutile diramare dispacci. Ma la notizia trapela. Come sia riuscita a sfuggire da quella stanza lo si saprà dopo; un hacker riusciva da tempo ad entrare nei computer della Nasa senza che nessuno lo sapesse. Per lui è gioco da ragazzi diffondere la notizia
Ore 20:22: il mondo è in silenzio. Tutti pendono dalle parole delle televisioni. Ora interessa solo la risposta alla domanda: “Dove cadrà?”. Anche questa notizia arriva di straforo, di lì a poco.
Ore 20:24: l’asteroide cadrà sulla Lombardia, in Italia. Si presume vicino a Monza. Non appena la notizia arriva nella cittadina brianzola la gente esce di casa e si comporta in due modi diversi. C’è chi prende i figli e si butta in macchina, prende la superstrada per Lecco e se ne va a 170 all’ora verso nord, ma non ce la farà a salvarsi. C’è chi guarda al cielo e prega.
Ore 20:26: il cielo sopra Monza si illumina come se splendessero due soli. Quel che rimane di 2012 DA14 esplode al contatto con l’atmosfera. Passano pochi secondi e l’esplosione che ha sviluppato un’energia 1000 volte superiore a quella di Hiroshima arriva a Terra. Nel raggio di 25 km tutto, ma proprio tutto, viene distrutto. A nord Como a sud Milano segnano il perimetro di un cerchio di morte. Ma il vento dell’esplosione arriva ben oltre. Lo si sente a Torino, persino a Roma. E’ così violento che il Treno Freccia Rossa delle 17:00 Roma-Milano, in ritardo per un problema alla linea, viene sbalzato fuori dai binari mentre viaggia a 256 chilometri all’ora.
Ore 20:28: Il teatro Ariston, pur essendo ancora in piedi ha subito gravi danni. Le Croce Rossa cercano di trasportare più gente possibile agli ospedali. I Vip fanno sentire la loro “rilevanza”. Le telecamere continuano a riprendere ciò che avviene e trasmettono le immagini in automatico via satellite. E’ l’unica informazione che dalla regia mobile della Rai arriva al mondo intero.
Ore 20:45: il Presidente della Repubblica parla alla televisione. L’INGV è assalito da telefonate da tutto il mondo.
Ore 7:00: prime luci dell’alba su Milano, Monza, Como e i paesi limitrofi. Gli elicotteri sono in volo. BBC, CNN, RAI, sorvolano le aree in lungo e in largo. Due elicotteri si scontrano: è tragedia nella tragedia. In tutto l’area si vedono solo incendi. In prossimità di Novara si scopre l’esistenza di un nuovo lago. Ha un diametro di 2 km e si sta riempiendo d’acqua che arriva dalle falde. Lì è caduto un piccolo pezzo di meteorite (rimasto integro dopo l’esplosione) e ha creato un cratere tondo come una scodella.
Ore 7:30: da tutto il mondo si organizzano soccorsi e si fa una prima stima dei morti: 4 milioni. I danni sono incalcolabili. La Madonnina del Duomo di Milano, in oro, splende ora sulla riva del Naviglio Grande. E’ in piedi, seppur inclinata. Si è infilzata nelle argille che bordano il corso d’acqua. La si può toccare, Qualcuno ha già deposto un mazzo di fiori.
Eppure ci avevano detto che non era pericoloso quel 2012 DA14. Eppure c’era il Festival di Sanremo, eppure c’era la partita del Milan. Eppure… ci è caduto addosso.
Questo è un racconto… ma le energie in gioco, i dati, le velocità e i possibili danni sono reali.

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AMORE DI NATURA.

11 febbraio, 2013

samsung galaxy s4 tra verita e fantasia con alcune soprese come la mancanza di android


Improbabile che la piattaforma open source Tizen debutti a bordo di Samsung Galaxy S4. Remota anche l’adozione di uno schermo flessibile a tecnologia YOUM.


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Samsung Galaxy S4 continua a catalizzare l’attenzione della critica specializzata e degli appassionati di nuove tecnologie. Le indiscrezioni riguardanti le specifiche e le funzioni software di Samsung Galaxy S4 sono molteplici. Alcune godono di maggior credito presso la platea degli esperti di settore, altre, invece, sono accolte con malcelato scetticismo.


Assai improbabile, per esempio, che il produttore sudcoreano intenda davvero fare a meno del sistema operativo mobile Google Android in favore della piattaforma open source Tizen. Tale possibilità, in ogni caso, continua a tenere banco. Chi sostiene detta ipotesi spiega che l’adozione di Tizen consentirebbe a Samsung di dare vita a un suo ecosistema e di avere pieno controllo sugli aggiornamenti, le funzioni e le specifiche hardware dei suoi prodotti. Chi sostiene l’ipotesi Tizen, però, dimentica che per proporre al mercato un nuovo ecosistema c’è bisogno di tempo e di mettere insieme tutti i tasselli che andranno a comporre il mosaico. A cominciare dalle applicazioni e dai contenuti destinati
ad arricchire l’esperienza utente fornita attraverso smartphone e tablet. È pur vero che Samsung ha già manifestato la volontà di produrre dispositivi mobili equipaggiati con Tizen, ma appare remoto il debutto dello stesso a bordo di Samsung Galaxy S4. Viene rinviata agli anni futuri anche la possibilità di vedere montato su Samsung Galaxy S4 un display flessibile a tecnologia YOUM.

Maggior credito sembra invece avere la previsione firmata Peter Wang, analista presso Evercore Partners, secondo cui Samsung Galaxy S4 si caratterizzerà per l’impiego del nuovo chip Broadcom 4335. Si tratta di un chip 5G WiFi che promette di fornire un raggio di copertura wireless più esteso, una maggiore durata della batteria e una migliore esperienza di fruizione delle reti Wi-Fi. Altro punto di forza del nuovo chip Broadcom consisterebbe nella riduzione dei consumi delle risorse energetiche. L’integrazione del chip in oggetto, quindi, permetterebbe a Samsung di non ricorrere a una batteria di dimensioni maggiorate per garantire agli utenti di Samsung Galaxy S4 un’elevata autonomia e, al 
al contempo, di puntare ancora su un corpo telefono ultrasottile. Il chip Broadcom 4335, inoltre, sarebbe in grado di ridurre le interferenze che si realizzano tra Wi-Fi, Bluetooth e reti 4G LTE, garantendo così agli utenti di Samsung Galaxy S4 di fruire al meglio dei network mobili di quarta generazione.


C’è un’altra indiscrezione all’attenzione di esperti e consumatori. Secondo quanto riferito da Digital Daily, Samsung potrebbe adottare in Samsung Galaxy S4 una tecnologia che consentirebbe agli utenti di gestire lo schermo senza tocco. Si tratterebbe di una soluzione analoga a quella impiegata da Sony per il modello Xperia sole e denominata floating touch. Nello specifico, Samsung si affiderebbe al chip Atmel maXTouch S, che promette consumi di risorse energetiche minimi e la capacità di riconoscere i tocchi non intenzionali.




Pianeti abitabili sulla porta di casa


Rappresentazione artistica di un sistema planetario in orbita attorno ad una stella nana rossa. (NASA/JPL-Caltech)










Il  più vicino pianeta simile alla Terra è probabilmente in orbita attorno a una fioca stella rossa ad una distanza di soli 13 anni luce. Un valore questo ancora troppo grande per una visita, ma sufficiente per i telescopi del prossimo futuro per osservarli direttamente e individuare qualche eventuale traccia di segni di vita.
Adesso, Dressing Courtney, astronomo del Harvard-Smithsonian Center for Astrophysics (Cambridge, Massachussets), ha pubblicato una nuova analisi di pianeti orbitanti attorno a stelle nane rosse osservate dal telescopio spaziale Kepler della NASA, un enorme lavoro che è consistito nel passare al setaccio l’immenso catalogo di Kepler – 158.000 stelle con relative occultazioni – per estrarne tutte le nane rosse in esso elencate. Kepler dà la caccia ai pianeti extrasolari, cercando di rilevare la debole diminuzione di luminosità della stelle che si verifica quando un pianeta transita di fronte al loro disco luminoso.
Trovare pianeti rocciosi, in questo modo è una sfida, dal momento che essendo di piccole dimensioni intercettano una piccolissima frazione della luce di una stella, rispetto, ad esempio, ai pianeti giganti gassosi. Ma le nane rosse sono relativamente fredde e poco luminose, rendendo più facile l’individuazione di pianeti di tipo terrestre.
Courtney ha trovato 95 possibili pianeti in orbita attorno nane rosse. Di questi, tre hanno dimensioni simili a quelle della Terra e si trovano nella cosiddetta “zona abitabile” – la regione intorno ad una stella dove può esistere l’acqua allo stato liquido. Statisticamente, questo significa che circa il 6% di tutte le nane rosse della nostra Galassia dovrebbe avere pianeti rocciosi nella zona abitabile.
La maggior parte delle stelle più vicine a noi sono delle nane rosse, tra cui la più vicina, Proxima Centauri. In base alla distribuzione delle nane rosse nella Via Lattea, Courtney stima che un pianeta potenzialmente abitabile dovrebbe trovarsi a soli 13 anni luce di distanza. Non c’è quindi bisogno di guardare tanto lontano per andare alla ricerca di una sorella della Terra.
Sorella ma non gemella, è bene però precisare. Se per dimensioni e temperatura queste innumerevoli terre aliene non si discostano più di tanto dalla nostra, per altri aspetti potrebbero essere profondamente diverse. La grande vicinanza alla stella ospite, per esempio, ha come conseguenza un’alta probabilità di blocco mareale: vale a dire che questi pianeti, esattamente come fa la Luna con la Terra, potrebbero volgere verso la propria stella sempre lo stesso emisfero. Dunque, non ci sarebbe l’alternanza fra il giorno e la notte. Ma ciò non precluderebbe necessariamente la possibilità di vita: a mitigare l’escursione termica basterebbe un’atmosfera sufficientemente densa, o un oceano sufficientemente profondo, da consentire lo scambio di calore fra l’emisfero diurno e quello notturno.
A causa delle geometrie orbitali, le probabilità che un determinato pianeta transiti di fronte alla sua stella in modo che possa essere visto dalla Terra sono solo 1 su 50, quindi è possibile che il più vicino mondo abitabile non possa essere scoperto daKepler. Dallo studio di Courtney, risulta che la maggiore probabilità di osservare un pianeta di tipo terrestre potenzialmente abitabile si abbia osservando stelle nane rosse nel raggio di 100 anni luce dalla Terra. Una distanza abbastanza piccola da permettere ai telescopi della prossima generazione, come il telescopio spazialeJames Webb e il telescopio da 40 metri di diametro EELT (European Extremely Large Telescope), di verificare la presenza nell’atmosfera di questi esopianeti dei gas prodotti dalla vita sulla Terra, come, ad esempio, una grande quantità di ossigeno.
La NASA sta progettando due telescopi spaziali specificatamente dedicati alla caccia degli esopianeti di tipo terrestre: il Transiting Exoplanet Survey Satellite (TESS) e ilFast Infrared Exoplanet Spectroscopy Survey Explorer (FINESSE). Una di queste missioni dovrebbe essere scelta entro la prossima primavera per essere lanciata nel 2017.
Anche se nessuna missione spaziale andasse avanti, i grandi telescopi a terra dovrebbero  comunque essere in grado di rilevare i gas, come l’ossigeno, nelle atmosfere dei pianeti extrasolari.

Il concerto salvavita delle giovani formiche


Le pupe emettono suoni udibili attraverso gli organi stridulatori per attirare l'attenzione delle adulte della colonia. Così si fanno notare in caso di emergenza.


Una pupa di formica osservata al microscopio elettronico. Photo credit: Current Biology, Casacci et al.
Una pupa di formica osservata al microscopio elettronico.

Farsi notare non dev'essere un compito poi così facile, se vivi in una colonia di centinaia di migliaia di esemplari. Ma per le pupe di formica - uno stadio evolutivo di questi insetti che si colloca tra quello di larva e l'età adulta - attirare l'attenzione su di sé è un'esigenza indispensabile per la sopravvivenza. Per riuscirci le quasi-formiche producono suoni distintamente udibili. E con il loro concerto riescono ad ottenere considerazione dalle adulte della propria colonia.

Sono qui! Mi senti?

Gli insetti sociali, questo lo si sapeva già, utilizzano segnali chimici a base di feromoni per riconoscersi e organizzare comportamenti complessi come muoversi in massa. I ricercatori sanno anche che le formiche sono in grado di produrre suoni udibili attraverso la stridulazione, utilizzando segmenti dell'addome e mandibole. Ma ancora non era noto quale significato avessero questi suoni.


Un gruppo di entomologi del Centre for Ecology & Hydrology (Gran Bretagna), dell'Università di Oxford e di quella di Torino ha scoperto che quando i corpi delle larve iniziano a indurire passando allo stadio di pupe, le giovani formiche del genere Myrmica iniziano a produrre suoni con il proprio organo stridulatore, segnali del tutto simili a quelli emessi dalle adulte, solo formati da un singolo impulso e non prolungati


Questi suoni sono essenziali alle pupe per mantenere il proprio posto nella gerarchia sociale e rimanere un po' al di sopra - in scala di importanza - rispetto alle larve. Infatti quando le formiche adulte sentono il loro richiamo, assegnano alle pupe un'ordine di priorità superiore a quello dato alle larve in caso, per esempio, di necessità di abbandonare il formicaio. Le pupe rese mute in ambito sperimentale hanno perso la loro pole-position nella scala gerarchica.

La ricerca pubblicata su Current Biology rivela che le formiche sono in grado di sfruttare più canali di comunicazione utilizzando quello che più si addice ad ogni fase della propria vita.

Come si pesa un buco nero?


Un nuovo modello matematico permetterà agli astrofisici di stimare il peso di un buco nero in sole 5 ore di osservazioni.

  Quanto pesa un buco nero? Fino ad oggi, per rispondere a questa domanda, gli scienziati hanno impiegato complessi metodi di calcolo basati sull’osservazione e la misurazione di alcuni parametri dei pianeti e delle stelle che vi orbitano intorno. Ma uno studio recentemente pubblicato su Nature a firma di Timothy Davis e dei suoi colleghi dello European Southern Observatory, tra cui l'astrofisico italiano Michele Cappellari, presenta un nuovo sistema per stimare la massa di questi misteriosi corpi celesti.

Scienza alla rovescia Davis e il suo team si sono concentrati sui movimenti delle masse di monossido di carbonio all’interno di una galassia e lo hanno modellizzato al computer. Hanno poi inserito nella simulazione diversi buchi neri fino a quando non hanno osservato nel gas un comportamento uguale a quello rilevato in natura.
Gli scienziati hanno insomma ripercorso la strada a ritroso, modificando all’interno del modello il parametro da scoprire (cioè la massa del buco nero) fino a quando non hanno trovato il comportamento desiderato nei parametri noti (i movimenti della massa di CO).

Trilioni di triliardi di chili. Questo sistema di calcolo ha permesso al team di quantificare in 450 masse solari (2x1029, cioè 2 seguito da 30 zeri kg) il peso di del buco nero supermassivo al centro della galassia NGC4526, nella costellazione della Vergine. 
«I buchi neri e le galassie che li ospitano sembrano legati da alcune particolari proprietà fisiche: il nostro obiettivo è cercare di capire cosa li lega tra loro» ha spiegato Davis a Nature. «Ma per comprendere queste relazioni dobbiamo essere in grado di misurare le loro masse e confrontarle con diversi tipi di galassie».
Gli scienziati sono giunti all’elaborazione di questo nuovo modello dopo oltre 100 ore di osservazioni con il telescopio californiano Carma, ma grazie al nuovo Alma installato in Cile, ipotizzano di raggiungere lo stesso livello di precisione in sole 5 ore.

Prima perforazione marziana



Prima perforazione marziana

Il risultato della prima perforazione marziana
Finalmente! Dopo oltre 6 mesi di permanenza su Marte, il rover della Nasa Curiosity ha realizzato la primaperforazione di una roccia per “assaggiarne la composizione”. C’è voluto molto tempo perscegliere la roccia più indicata e per essere certi che nulla siinceppasse durante la prova. In precedenza il perforatore era stato provato realizzando un foro di poco più di 2 cm di profondità (nella foto qui a sinistra lo si vede a destra). La prova era servita per sperimentare la strumentazione e per pulire gli attrezzi da eventuali residui organici e non portati involontariamente dalla Terra. Poi si è passati alla perforazione vera e propria: il martello è sceso fino a 6 cm in una roccia piatta che sembrerebbe di origine sedimentaria. Tutto ha funzionato alla perforazione e ora la polvere verrà esaminata dal laboratorio di bordo per verificarne la composizione. Se anche questa fase andrà per il meglio, il rover verrà spostatodalla pianura attuale per raggiungere la montagna che sta alle sue spalle, la montagna Sharp, vero obiettivo della missione per i suoi strati che raccontano la storia “bagnata” di quando Marte aveva poche centinaia di milioni di anni. Il videomostra le fasi della prima perforazione marziana.

FOTO DEL GIORNO

Children sticking tongues out
RICORDI DI GIOVENTÙ

10 febbraio, 2013

iPhone 5S e iPhone 6 con display da 5 pollici?



In Cina sarebbero già stati avvistati i prototipi di iPhone 5S, identico esteticamente a iPhone 5, e anche il nuovo iPhone 6 con schermo da 5 pollici. Secondo le indiscrezioni entrambi i modelli saranno lanciati entro quest'anno.

Quest'anno Apple lancerà non solo un iPhone 5S esteticamente identico al modello attuale ma anche un iPhone 6 con schermo da 5 pollici. E' questo quanto sostiene una indiscrezione pubblicata dal sito cinese Laoyaoba riportata da MacRumors: le due prossime generazioni dello smartphone della Mela, sempre secondo l'anticipazione, sarebbero già stati avvistate sottoforma di prototipi presso alcuni fornitori orientali di Cupertino.

L'attendibilità dell'indiscrezione purtroppo non è verificabile: è la prima volta infatti che il sito cinese indicato riporta un anticipazione circa i piani futuri di Apple. In ogni caso va tenuto presente che il lancio di un iPhone 5S, o come sarà ufficialmente battezzata la generazione di iPhone di quest'anno, è un evento assolutamente prevedibile e in linea con i piani seguiti da Cupertino da diversi anni a questa parte. Come è già successo per iPhone 3GS e iPhone 4S è molto probabile che Apple possa lanciare una versione rivista e aggiornata dell'ultima generazione di iPhone con miglioramenti per quanto riguarda il processore, webcam e fotocamera e così via, lasciando sostanzialmente invariato il design complessivo.iph5s6

Più problematica invece l'anticipazione circa il nuovo iPhone 6 con schermo da 5 pollici. Non è la prima volta che circolano indiscrezioni in questo senso ma fino a oggi l'ipotesi più diffusa indicava come possibile data di lancio il 2014. I puristi Apple ritengono poco probabile che Cupertino abbia in programma di competere con il mondo Android e in particolare con Samsung ricorrendo a display di grande formato per gli smartphone d'altra parte, anche ipotizzando soluzioni più contenute dei 5 pollici indicati, questo scenario non può essere scartato a priori. Va tenuto presente che fino a pochi mesi prima del lancio di iPad mini molti osservatori escludevano l'ingresso di Apple nei tablet da 7 pollici, in ogni caso la scelta della Mela si è rivelata vincente anche grazie a soluzioni originali non offerte dalla concorrenza. Questo potrebbe verificarsi anche negli smartphone. 

Prima di prendere in più seria considerazione l'ipotesi di un iPhone 6 da 5 pollici occorre però attendere qualche ulteriore indizio: Cupertino potrebbe in realtà essere anche al lavoro su diversi prototipi, inclusi modelli con display di dimensioni generose, ma non è detto che questi progetti verranno poi trasformati in prodotti finali. Se invece così sarà sicuramente nelle prossime settimane o mesi potremo osservare foto di parti e componenti che immancabilmente appariranno in Rete a sostegno di un iPhone con schermo maggiorato.iphone5-800

Duetto rock tra la Terra e la ISS


L'astronauta canadese Chris Hadfield ha composto, cantato e suonato una canzone insieme a una rockband di amici. Il video della performance.

di: klevis gockaj
Chris Hadfield e il cantante canadese Ed Robertson in un momento della loro performance canora.
Chris Hadfield e il cantante canadese Ed Robertson in un momento della loro performance canora.

Da quando è approdato sulla ISS nell'ambito della Spedizione 35 la vita di Chris Hadfield, astronauta canadese molto attivo sui social, è piuttosto frenetica.

Ma evidentemente, tra una giornata di lavoro e l'altra, gli è rimasto un po' di tempo libero, che Hadfield ha deciso di impiegare... in musica. Il cosmonauta (seguilo sul suo account Twitter @Cmdr_Hadfield) si è infatti esibito in un concerto rock in duo con il cantante canadese Ed Robertson, della band Barenaked Ladies, mostrando le sue noti canore e di chitarrista in un brano intitolato "I.S.S. (Is Somebody Singing)".

Un'amicizia di vecchia data

La canzone, pubblicata l'8 febbraio e registrata qualche giorno prima, parla di un uomo nello spazio che vede il suo paese dall'alto e sente nostalgia della Terra. Chris e Ed, connazionali, si conoscono da una decina d'anni: in uno dei loro primi incontri, l'astronauta ha guidato la band in un tour nella sala di controllo della ISS, il Mission Control a Houston.

I due hanno iniziato a scrivere il brano mentre Hadfield si stava preparando per la missione durante un training di 5 mesi in Russia. Il pezzo, che Hadfield ha suonato dalla Cupola - l'osservatorio della ISS - è stato accompagnato anche da un coro di ragazzi della Wexford Collegiate School for the Arts. Durante la performance, Chris si è girato più volte per guardare la Terra, facendo quello che recitavano le parole della canzone.

Guarda il video dell'insolito concerto:



Un futuro da rock star?

Secondo i ben informati, durante la sua permanenza nello spazio Hadfield starebbe componendo abbastanza canzoni per preparare un album (di cui Robertson, scherzosamente, ha già proposto il titolo: "Turns Out in Space Lots of People Can Hear You Scream?", "Si scopre che nello spazio un sacco di gente può sentirti urlare").

Se quello dei due canadesi è il primo concerto rock tra la Terra e lo spazio, non è però la prima volta che un musicista e un astronauta si esibiscono in un duetto musicale a 400 chilometri di distanza. Nell'aprile 2011, l'astronauta della Nasa Cady Coleman ha suonato il flauto in diretta satellitare con il cantante degli Jethro Tull Ian Anderson per commemorare il 50esimo anniversario dell'impresa di Gagarin nello spazio

Costa più andare nello spazio o farci un film?

....mmm..bella domanda e per scoprirlo leggete un po giù !

 Lo sapevate che fare un film di fantascienza può arrivare a costare più del lancio di un razzo? E che il budget di una saga cinematografica come Star Trek è maggiore di quello destinato da Gran Bretagna, Canada e Norvegia al loro programma spaziale annualmente?
Proprio così: raccontare i viaggi nello spazio costa più che farli, lo rivela un’infografica pubblicata da un sito  inglese.
La classifica parla chiaro: solo lo Space Shuttle, con i suoi 450 milioni di dollari di budget per ciascuna missione (lancio e costi operativi dell’orbita), batteva kolossal hollywoodiani come John Carter (300 milioni di dollari) e Avatar (257 milioni di dollari). Mentre, per esempio, i soldi spesi per il lancio dell’Ariane 5G superano di poco quelli del film Wall-e.
Confrontando una serie di film di successo con un intero programma spaziale le cose non cambiano: se per fare Star Trek sono necessari i soldi dedicati in un anno all’avventura spaziale da tre paesi come Gran Bretagna, Canada e Norvegia, coi i 635 milioni di dollari della sagaStar Wars si potrebbero lanciare la bellezza di 47 razzi russi. Mentre il budget del film Prometheus (130 milioni di dollari) è più di 50 volte di quanto può spendere ogni anno il SETI, l’Istituto americano che si occupa della ricerca di forme di vita extraterrestri.


La vita urbana ci cambia il cervello




 

La vita frenetica delle metropoli modifica le nostre capacità cogntive, adattandole alle necessità della giungla urbana. Il curioso risultato di uno studio britannico.


Camminare per le strade della città con un occhio al traffico e agli attraversamenti, guardando le vetrine ed evitando scontri con gli altri pedoni è un’attività ad alto consumo cerebrale, al punto che chi vive nelle zone ad alta urbanizzazione mostra una capacità di attenzione generale inferiore rispetto a chi vive in aree più tranquille. E’ la conclusione di un recente studio condotto presso il Goldsmith College di Londra che dimostra come la vita frenetica nelle metropoli moderne affatichi il cervello e , in parte, ne modifichi le capacità.Traffico, vetrine, passanti: la frenetica vita urbana modifica le capacità del nostro cervello (© PBNJ Productions/Blend Images/Corbis)

Vado a vivere in campagna.
Protagonista della ricerca, pubblicata sul Journal of Experimental Psychology, è stata la popolazione Himba della Namibia, una parte della quale vive ancora di allevamento tradizionale, mentre un'altra ha ormai adottato lo stile di vita tipicamente occidentale.
Gli piscologi hanno chiesto ai volontari di osservare uno schermo con numerosi elementi e di focalizzare l’attenzione su un particolare: il test, condotto con sistemi che permettono di registrare i movimenti dell’occhio, ha evidenziato come “i cittadini” fossero più inclini a distrarsi e a distogliere il focus dall’obiettivo assegnato.
In un secondo test i ricercatori hanno sovraccaricato la memoria degli Himba rurali chiedendo loro di ricordare diverse sequenze numeriche tra una sessione e l’altra delle prove di osservazione: questo stress ha portato i loro livelli di attenzione agli stessi degli Himba urbani. 

Ad ogni ambiente il suo cervello. 
 “L’effetto del sovraccarico cognitivo è stato indistinguibile dagli effetti dell’urbanizzazione” spiegano gli scienziati. Secondo i ricercatori la vita della metropoli, pur non riducendo le generali capacità cognitive degli individui, plasma il cervello in modo che  impari a focalizzarsi solo sugli stimoli particolarmente importanti, per esempio i volti delle persone o le situazioni di potenziale pericolo. 
Sembra quindi che i diversi ambienti favoriscano lo sviluppo di capacità differenti: chi vive contesti più tranquilli è maggiormente reattivo su obiettivi specifici, mentre chi abita nel caotico contesto metropolitano è meglio capace di tenere sotto controllo situazioni più complesse e ricche di stimoli.

Si sta formando un’eruzione da cataclisma




Sismologi della University of Utah, hanno scoperto, analizzando le onde sismicheche dalla superficie terrestre arrivano fino al nucleo terrestre e ritornano in superficie, le possibili radici di una nuova eruzione che potrebbe generare un vero e proprio cataclisma per l’intero pianeta. Ma diciamolo subito: non c’è d’aver paura. Se avverrà, accadrà tra 200 milioni di anni.
“Ciò che abbiamo scoperto è la partenza di un gigantesco evento eruttivo che –se avverrà- potrebbe causare la distruzione di gran parte della superficie terrestre e avere conseguenze nefaste sulla vita del pianeta”, ha detto Michael Thorne, il responsabile della ricerca. “Ma il disastro non è imminente. Quello che abbiamo osservato là sotto richiedere tempi che vanno da 100 a 200 milioni di anni per poter raggiungere la superficie del pianeta”, ha proseguito. Secondo il ricercatore, che ha pubblicato la sua scoperta su Earth and Planetary Science Letters, due “pile” di rocce grandi come due continenti si stanno scontrando proprio sopra il nucleo terrestre a 2.880 km di profondità sotto l’Oceano Pacifico. Ciò sta creando un corpomagmatico grande come poco più della metà della superficie dell’Italia che potrebbe essere la radice di due generi di eruzioni particolarmente importanti nel lontano futuro.

Potrebbe esserci una grande estinzione

Per realizzare questa ricerca Thorne e la sua equipe hanno utilizzato il più grande numero di dati mai usati. In particolare ha esaminato 4.221 sismogrammi presi da centinaia di sismografi che hanno rilevato 51 terremoti che si sono verificati a profondità superiori a 100 km di profondità. Per ottenere il modello a cui è arrivato, Thorne ha fatto lavorare l’High Performance Computing della propria università per200 giorni al fine di definire le modalità di scontro dei due corpi rocciosi che vi sono sotto il Pacifico e quali possono essere le conseguenze di ciò.

FOTO DEL GIORNO


06 febbraio, 2013

FOTO DEL GIORNO

     Il pasto di un camaleonte.
Mehmet Karaca, Turkey, Shortlist, Nature & Wildlife, Professional Competition

Google celebra Mary Leakey archeologa che scoprì il primo ominide

Mary Douglas Leakey La grande G le dedica il “doodle” 
nel centenario della nascita. 
Nel 1959 trovò il cranio di “Ziny”, risalente a quasi 2 milioni di anni fa.
Un secolo di storia: Google lo omaggia oggi con un doodle che commemora i 100 anni della nascita di Mary Leakey, l’archeologa più famosa al mondo per aver rinvenuto il primo cranio di ominide in Africa. L’home page del popolare motore di ricerca dedica stamane un ritratto alla paleoantropologa inglese, nata il 6 febbraio 1913 , mentre era immersa nelle sue ricerche in un’area desertica con tanto di strumenti di lavoro e due cani dalmata al suo seguito.
   Grazie a un periodo di soggiorno nella regione francese della Dordogna, un'area ricca di siti preistorici e archeologici , si appassionò sin da molto giovane allo studio di testimonianze archeologiche.Tornata a Londra nel 1926, alla morte del padre, Mary Leakey intraprese una tutt'altro che brillante carriera scolastica: la ragazza, dallo spirito ribelle, fu espulsa da due scuole cattoliche e non riuscì a farsi ammettere all'Università. Iniziò tuttavia a seguire alcuni corsi da non frequentante, conoscendo così l'importante archeologo britannico Mortimer Wheeler che le chiese di seguirlo in alcuni scavi. Entrata nel mondo dell'archeologia, conobbe il paleontologo britannico Louis Leakey, per il quale lavorò come illustratrice scientifica e che sposò nel 1936.
Morì nel dicembre 1996 all'età di 83 anni, dopo una brillante carriera vissuta sempre in modo indipendente nonostante la fama del marito e ricevette alcune lauree ad honorem dopo la sua morte.

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