05 maggio, 2013

la matematica della birra


Una birra non è buona se nel bicchiere non forma uno strato di schiuma densa e consistente. Peccato che l'effetto duri poco... ma non sarà così ancora a lungo: Robert MacPherson (Institute for Advanced Study di Princeton) e David Srolovitz (Yeshiva University di New York) hanno infatti chiamato in causa la matematica per definire la formula della birra perfetta, con un'equazione che permette di spiegare come "funziona" la schiuma e, soprattutto, perché quella di una Guinness è più compatta e duratura.



 In pratica la schiuma della birra è una rete composta da tante bollicine separate da liquido. Le bolle hanno "pareti mobili", perciò, in pochi minuti, quelle più piccole si fondono tra loro e quelle più grandi scoppiano per effetto della gravità, che attira verso il basso il liquido. Il segreto della Guinness sarebbe quindi una diversa composizione di questa struttura "reticolare"... ma che farsene di una teoria matematica della birra? È difficile che a beneficiarne saranno gli estimatori, perché i produttori non abbandoneranno di certo i loro metodi di lavorazione tradizionale. Per fortuna. Dallo studio della schiuma di malto e luppolo arriveranno invece importanti novità per la formulazione di altre strutture chimiche reticolari, a partire dalla ceramica (foto: la "schiuma" della ceramica, in alto, e quella tipica della birra).

La birra eccita il cervello maschile


La bevanda stimola la produzione di dopamina, un neurotrasmettitore legato al concetto di ricompensa. E l'effetto dell'alcol non c'entra, è una questione di gusto.



Una tira l'altra. Ma l'alcol non è l'unico elemento che ci fa desiderare una birra ghiacciata. Anche il sapore - almeno per gli uomini - fa la sua parte. Photo lint01, Flickr.
Una tira l'altra. Ma l'alcol non è l'unico elemento che ci fa desiderare una birra ghiacciata. Anche il sapore - almeno per gli uomini - fa la sua parte. Photo lint01, Flickr.

Una bella rossa - in pinta - il derby, gli amici: per un uomo, qualcosa di molto vicino al paradiso. Ma cosa avrà mai di tanto speciale la birra agli occhi, e alle papille, maschili?

Una ricerca dell'Indiana University School of Medicine (USA) lo rivela: la più popolare bevanda fermentata stimola nel cervello maschile la produzione di dopamina, un neurotrasmettitore rilasciato in concomitanza di stimoli legati al piacere e alla ricompensa.
Amore al primo sorso
I ricercatori hanno sottoposto a tomografia a emissione di positroni (PET) una tecnica di scansione cerebrale, 49 volontari ai quali sono stati somministrati sotto forma di spray alternativamente acqua, sport drink e birra. A ciascuno sono stati dati 15 millilitri di liquidi nell'arco di 15 minuti, l'equivalente della birra che si berrebbe condividendo una pinta con 38 persone. Così gli scienziati hanno escluso che l'effetto sul cervello fosse dovuto all'alcol, assunto dai soggetti in minime quantità.

La birra, tra tutte le bevande, è stata quella che più ha stimolato la produzione di dopamina: dopo averla assaggiata, gli uomini erano inoltre più propensi a chiedere qualcosa di alcolico. È la prima ricerca che mostra come sia sufficiente il gusto di un drink a sollecitare il rilascio di dopamina, al di là delle conseguenze dell'alcol. L'effetto si è registrato comunque in modo più pronunciato sui soggetti con storie familiari di alcolismo alle spalle. Avere parenti con problemi di dipendenza da alcol potrebbe quindi essere un fattore di rischio per sviluppare a propria volta alcolismo.

Qual è il sogno più ricorrente?


Il sogno più diffuso in tutte le culture è, in realtà, un incubo e cioè essere inseguiti da qualcuno che vuole assalirci.

L’interpretazione non ha necessariamente valenza negativa: scappare in sogno può indicare che nella vita reale stiamo perseguendo un obiettivo ma tentiamo di sottrarci a un confronto, o a una responsabilità, che meritano più attenzione.

Assume, invece, significato negativo quando l’inseguitore è un uomo incappucciato, un lupo feroce o un mostro spaventoso, che alla fine ci cattura e ci divora: rappresenta una parte della nostra psiche che è fonte di angoscia. E spesso è indice di depressione.

Avere sorelle influenza il carattere?


Le sorelle fanno circolare le emozioni e allentano le tensioni - Foto: © Image Source/Corbis
Le sorelle fanno circolare le emozioni e allentano le tensioni - Foto: © Image Source/Corbis

Aiuta a crescere più serenamente. Lo ha mostrato uno studio della Scuola di psicologia dell’Università dell’Ulster (Irlanda del Nord). I ricercatori hanno intervistato 571 ragazzi di età compresa fra 17 e 25 anni, indagando su vari aspetti della loro personalità, tra cui l’atteggiamento verso il futuro. I ragazzi con sorelle tendono a sviluppare una personalità più equilibrata, a essere più positivi e a instaurare rapporti più sereni con i genitori.


Una questione di emozioni
L’effetto benefico delle femmine sta nella loro capacità di parlare apertamente dei sentimenti: ciò stimola anche i maschi a esternare più spesso ciò che provano. Le sorelle fanno circolare le emozioni, allentano le tensioni e favoriscono la comunicazione all’interno del nucleo famigliare. Non nascondono i problemi, anzi fanno sì che vengano a galla e siano affrontati. La loro influenza positiva si osserva soprattutto nei momenti di difficoltà e in caso di separazione dei genitori: quando è particolarmente importante riuscire a esprimere paure e sentimenti. E i figli unici? Rischiano di assorbire le ansie famigliari senza poterle stemperare con un “complice”: è importante che fin da piccoli possano frequentare altri bambini per confrontarsi in un rapporto alla pari. Cosa cui è “costretto” chi ha molti fratelli: deve dividere con gli altri l’attenzione dei genitori ma impara precocemente a gestire i conflitti e a prendere in considerazione il punto di vista dell’altro.

FOTO DEL GIORNO

01 maggio, 2013

Vuoi potenziare la memoria? Stringi i pugni


questo semplice gesto attiverebbe le aree cerebrali coinvolte nella processazione dei ricordi, potenziandone l'attività neuronale.

di: klevis gockaj
Pronto per imparare a memoria una lunga fila di vocaboli. Photo credit: © Ingolf Hatz/Corbis
Pronto per imparare a memoria una lunga fila di vocaboli. Photo credit: © Ingolf Hatz/Corbis

Serrare i pugni non è solo sinonimo di impazienza o rabbia, ma anche una tecnica utile agli smemorati: stringere le dita delle mani potrebbe aiutare a potenziare la memoria, come rivela uno studio pubblicato su Plos One. In particolare, stringere il pugno destro servirebbe a memorizzare una lista di parole, stringere quello sinistro, a richiamare questi vocaboli alla mente.

Questi semplici movimenti andrebbero infatti a modificare temporaneamente i circuiti cerebrali utilizzati, attivando le aree coinvolte nei processi di memorizzazione. In particolare, il gesto potenzierebbe l'attività neuronale nel lobo frontale dell'emisfero controlaterale rispetto alla mano usata (il lobo frontale destro se si stringe la sinistra e viceversa).

La stretta giusta al momento giusto

Un gruppo di neuroscienziati della Montclair State University (Canada) ha suddiviso 50 partecipanti in 5 gruppi. A tutti è stata sottoposta una lista di 72 nomi da memorizzare. Il primo doveva stringere la mano destra per 90 secondi prima di imparare i vocaboli a memoria, e fare lo stesso prima di ripeterli; il secondo doveva ripetere le stesse azioni ma con la mano sinistra, mentre il terzo e il quarto gruppo dovevano alternare le due mani prima di memorizzare e ripetere. Un quinto gruppo di controllo ha compiuto l'esperimento senza stringere i pugni.



Il gruppo che ha stretto il pugno destro prima di memorizzare e il sinistro prima di ricordare i termini ha ottenuto i migliori risultati, sia rispetto a chi aveva usato modalità diverse, sia rispetto al gruppo di controllo (anche se in quest'ultimo caso la differenza registrata, avvertono gli scienziati, non è risultata statisticamente significativa).

Lo studio, pur essendo molto suggestivo e pubblicato su un'importante rivista scientifica, ha però un forte difetto: è stato realizzato su un campione molto limitato di persone (soltanto 50). Le sue conclusioni non vanno prese come definitive.

Passate ricerche hanno dimostrato che stringere il pugno destro attiva l'emisfero sinistro del cervello, e stringere il sinistro attiva quello destro. Nella processazione dei ricordi si utilizzano entrambi i lati del cervello: quello sinistro per codificare le memorie e quello destro per richiamarle alla mente. Ulteriori ricerche dovranno chiarire, magari anche attraverso la tecnica dell'fMRI, se sia possibile migliorare, stringendo i pugni, anche le performance in altri processi mentali, come le abilità verbali e spaziali o la memoria fotografica di luoghi e volti.