05 ottobre, 2014

Ebola, il primo caso Usa è «critico» E l’uomo rischia l’incriminazione

Per aver mentito sul questionario compilato in Monrovia: aveva negato di aver avuto contatti con persone infette: e invece 4 giorni prima aveva aiutato la figlia di amici



Duncan (Ap)
Duncan (Ap)
Thomas Duncan, il paziente liberiano che ha portato il primo caso di ebola negli Usa, si è aggravato. Lo ha riferito l’ospedale di Dallas che lo ha in cura in terapia intensiva abbassando il suo stato clinico da «grave» a «critico». Duncan, sul questionario compilato in aeroporto a Monrovia, aveva negato di aver avuto contatti diretti con persone infette da ebola, come invece era successo solo quattro giorni prima. L’uomo aveva aiutato a trasportare in ospedale la figlia incinta di sette mesi di una coppia di amici. La giovane donna, ormai praticamente in fin di vita, era stata respinta per mancanza di letti disponibili ed era poi morta nel giro di poche ore.Ora Duncan potrebbe finire davanti alla giustizia americana per aver mentito sul questionario sanitario alla partenza da Monrovia. Lo ha detto il procuratore di Dallas Craig Watkins, dopo che le autorità liberiane hanno annunciato una analoga iniziativa.Duncan ha mostrato i primi sintomi il 24 settembre e si è recato in ospedale solo il 26 ma il nosocomio, il Texas Health Presbyterian Hospital, lo ha rispedito a casa non riconoscendo i sintomi del virus letale. Due giorni dopo l’uomo è tornato in ambulanza nella struttura. E sotto accusa, anche solo dall’opinione pubblica, è finito anche il Texas Presbyterian: è stato un errore umano, i medici sapevano che il paziente veniva dalla Liberia, ma hanno sottovalutato il rischio esponendo altre persone al contagio. Per una settimana poi la casa dove erano rimasti praticamente agli arresti domiciliari la compagna di Duncan, Louise Troh, la figlia e due nipoti non è stata decontaminata: solo ieri la famiglia è stata trasferita in una casa isolata, se tutto va bene fino alla scadenza della quarantena.

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