29 giugno, 2012

I meccanismi del ricordo musicale


perché alcune canzoni ci entrano in testa e non se ne vogliono andare?

L'ultimo successo di San Remo vi si è stampato nella testa e vi tormenta senza sosta notte e giorno? Secondo il professor William Kelly e il suo team di ricercatori potrebbe essere colpa della corteccia uditiva.
Kelly e i suoi colleghi hanno esposto una serie di volontari all'ascolto di brani musicali più o meno noti dai quali hanno eliminato alcune brevi sequenze sostituendole con dei silenzi. Tutti i soggetti hanno riferito di aver notato l'interruzione solo nei brani a loro sconosciuti. Nei brani noti, i buchi non sono stati percepiti.
Ritorna il ritornello. Durante la prova, il cervello dei partecipanti è stato monitorato mediante risonanza magnetica funzionale. È emerso che i silenzi nei passaggi musicali conosciuti stimolano una maggior attività neurale nelle aree di associazione uditiva del cervello, rispetto ai brani sconosciuti.Inoltre le pause nei pezzi solo strumentali generano un ulteriore aumento di attività in una zona della corteccia nota come corteccia uditiva. Anche in questa zona, l'attività cerebrale è maggiore quando il soggetto viene esposto all'ascolto di musiche note.
Alle origini del ricordo. Secondo Kelly, questo studio allarga i risultati di ricerche precedenti condotte parallelamente su ricordi visivi e uditivi, dai quali era emerso che le memorie di suoni e immagini sono conservate nelle zone del cervello che le avevano create.
Sia nei processi di elaborazione visiva sia in quelli di elaborazione uditiva, il meccanismo che porta alla formulazione del ricordo si basa sull'associazione linguistica: un nome viene associato ad un oggetto, un testo viene associato ad una melodia, oppure una persona viene associata a un numero di telefono.

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