30 giugno, 2012

Ricostruito il rumore delle parole nel cervello


Per la prima volta possiamo sentire il suono dei vocaboli pensati nella nostra mente. Un primo passo verso la telepatia?


Il suono delle parole lette e quello delle parole pensate implicano una analoga attività neurale. Photo credit: © Sean De Burca/Corbis
Il suono delle parole lette e quello delle parole pensate implicano una analoga attività neurale. 

Quando leggete una frase, come in questo momento, vi sembra di sentire la vostra voce che scandisce le parole nella mente. È un discorso interiore, che potete udire solo voi. In futuro, tuttavia, questo fluire di parole potrebbe diventare percepibile anche all'esterno: studiando il cervello impegnato nell'ascolto di frasi, infatti, è possibile ricostruire l'andamento delle onde cerebrali e "tradurre" in suoni l'eco delle parole pensate nella mente.

Dal suono al significato

«Immaginate un pianista davanti a un concerto suonato in televisione» spiega Brian Pasley dell'Università della California, a Berkeley. «Anche se l'audio è impostato su muto, gli sembrerebbe di sentire comunque la melodia, perché sa quali tasti corrispondono alle varie note. Noi abbiamo cercato di fare qualcosa di analogo con le onde cerebrali: abbiamo collegato le diverse attività nelle aree neurali con i suoni corrispondenti».
Il meccanismo con cui il cervello converte il discorso udito in informazioni veicolanti un significato non è ancora del tutto chiaro. L'idea di base, comunque, è che il suono attivi i neuroni sensoriali, i quali passano poi l'informazione alle diverse aree cerebrali dove i vari aspetti del suono (come frequenza, ritmo, scomposizione sillabica) vengono analizzati e percepiti come linguaggio. Gli esperti credono che l'attività cerebrale che si genera in risposta a una frase ascoltata sia simile a quella che si genera quando pensiamo a quella stessa frase.

A ogni area il suo compito

I ricercatori hanno fatto ascoltare una serie di parole lette da diverse voci a 15 persone aventi elettrodi collocati sulla corteccia cerebrale in seguito a episodi di epilessia o interventi chirurgici per la rimozione di un tumore.
Si è così riusciti a registrare l'attività neurale sulla superficie dei giri superiori e mediotemporali, un'area del cervello vicino all'orecchio che è implicata nella processazione dei suoni. Grazie a queste registrazioni l'equipe è riuscita a collegare i diversi aspetti del suono a specifiche attività neurali. «I neuroni in alcuni punti potrebbero occuparsi, poniamo, solamente delle frequenze sul range dei 1000 hertz e non interessarsi d'altro, altri soltanto delle frequenze sui 5 mila hertz» continua Pasley. «Una volta identificata la frequenza di cui si occupano le varie aree, sapremo che quando l'attività in quelle aree aumenta, è perché c'è stato un suono di quella particolare frequenza». Ovvero, qualcuno sta udendo o pensando a un suono con quella particolare frequenza.

Dal pensiero al suono

Una volta raccolte tutte le informazioni necessarie i ricercatori hanno elaborato un algoritmo in grado di interpretare l'attività neurale nelle varie aree e creare uno spettrogramma dei suoni in esse processate: una sorta di rappresentazione grafica del suono pensato. Un secondo software ha permesso di trasformare lo spettrogramma nel corrispettivo discorso audio: ascoltando questo video pubblicato sul sito di NewScientist (fate una prova!) si possono cogliere somiglianze tra le parole qui udite e le reali parole udite dai volontari dell'esperimento. Una di queste, la più comprensibile, è "structure", struttura, in inglese.

Sento i tuoi pensieri

Siamo a un passo dalla creazione di una macchina della telepatia? È presto per dirlo. Ulteriori studi andranno compiuti in questo campo, anche perché il linguaggio non è solo frequenza, ma è composto da una miriade di altre componenti fisiche e metalinguistiche. Le possibili implicazioni della ricerca, tuttavia, sono enormi: se davvero imparassimo a decifrare il suono delle parole pensate potremmo per esempio, comunicare con chi, a causa di una malattia, è impossibilitato ad esprimersi, come i pazienti affetti dalla sindrome locked-in (che comporta la paralisi di tutti i muscoli del corpo, compresi quelli facciali). Le possibili conseguenze sul piano etico sono altrettanto importanti: immaginate che cosa accadrebbe in certe situazioni, se tutti potessero sentire ciò che istintivamente pensiamo.

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