Tutti conoscono il programma di ricerca di un’intelligenza extraterrestre,Seti. Non so se riusciremo davvero a trovare un’altra intelligenza nello spazio, però vale la pena tentare. Ma se trovare un’intelligenza nello spazio è solo un tentativo, credo sia pressoché certo che la rintracceremo qui sulla Terra. Si tratterà, in particolare, di “macchine intelligenti” e dunque, per definizione, a noi aliene. Una di queste potrebbe essere anche di tipo globale, un intelletto già esistente nel tessuto della comunicazione elettronica in tutto il pianeta. Nella cultura popolare è ormai penetrata l’idea che Internet diventerà a poco a poco perspicace e finirà per prendere il sopravvento (nel ciclo cinematografico di Terminator, Skynet, un ipotetico sistema di intelligenza artificiale, comincia a operare ai nostri giorni). Secondo una mia stima di qualche anno fa, la complessità totale delle “sinapsi” di collegamento e dei transistor “neurali” nel complesso del Web sarebbe già pari alla complessità delle sinapsi e dei neuroni nel cervello umano.
Ma la sola complessità non basta a fare un’intelligenza. Se è vero che Internet è una colossale macchina collegata in rete, fondata in apparenza sulla stessa struttura articolata del cervello umano, ciò non implica per forza che sia dotata di intelligenza o consapevolezza. Potrebbe benissimo avere le proprietà di un megatostapane elettrico, e rimarrebbe, in quanto tale, una mera macchina priva di capacità di sorprendere o di avere qualità non programmate di un certo interesse. Oggi disponiamo di reti di link e transistor elettronici dell’ordine di molti miliardi, certo, ma questo non significa che sia possibile programmare reti del genere in modo che arrivino a pensare. E se non fosse così? E se invece la noosfera globale avesse generato una piccola quantità di intelligenza? Come lo scopriremmo? Se non indaghiamo in questa direzione, non potremo mai sapere se vi è qualcosa che vada oltre il megatostapane.
La ricerca non deve trovare una mente a tutti gli effetti matura per dirsi riuscita. Con Seti, ad esempio, potremmo scoprire un’affascinante forma di vita aliena simile a una lumaca. In modo analogo potremmo individuare sulla Terra piccoli segnali di comunicazione simili a quelli usati dagli insetti, un primo barlume di proprietà emergenti. Sarebbe comunque un nuovo continente da esplorare!
Se individuare un’intelligenza aliena avrebbe un impatto rivoluzionario su tutte le religioni, scoprire un intelletto internet globale avrebbe conseguenze rilevanti per tutta la società. Avremmo un contatto giornaliero con un’intelligenza artificiale molto più grande di noi, che con ogni probabilità aumenterebbe la propria potenza ogni 18 mesi (legge di Moore). E si tratterebbe, come ovvio, di un’intelligenza artificiale inserita nel sistema nervoso centrale dell’economia e della cultura globali, l’elemento cui siamo collegati 24 ore al giorno. Non solo, agirebbe con sempre maggior frequenza come eso-cervello, ossia come cervello esterno della nostra società.
Oggi viviamo una fase storica unica, nella quale sembrerebbe esserci un nuovo organismo di enormi dimensioni già pronto per essere studiato. Al pari dei naturalisti che scoprirono l’ornitorinco, abbiamo l’opportunità di diventare i fisiologi della Rete. Possiamo avvalerci di modelli di riconoscimento e strumenti offerti dalla stessa Rete. Il problema però è che, pur dotati di questi dispositivi, non sappiamo davvero come individuare un’intelligenza artificiale del genere.
Le due grandi sfide che pone la ricerca dell’Internet intelligence quindi sono:
1) filtrare l’enorme quantità di segnali in sottofondo prodotti su Internet dall’intelligenza umana;
2) definire l’intelligenza da cercare, per potere poi essere certi di averla trovata.
La seconda sfida è molto più complessa, ma se non le diamo una risposta adeguata, non saremo nemmeno in grado di vincere la prima.
In realtà “intelligenza” potrebbe essere un termine fuorviante.Riusciamo a immaginare solo un intelletto di tipo umano. Tendiamo a descrivere l’intelligenza animale solo nella misura in cui è simile a quella dell’uomo. Ma il Web non ha l’esigenza di riprodursi o lottare per conquistare risorse energetiche, come gli animali. Né è il frutto di generazioni di progenitori costretti a combattere senza requie per la sopravvivenza. D’altronde, per quale motivo l’istinto di sopravvivere dovrebbe essere condizione necessaria per un sistema intelligente? Per quanto sappiamo, un’Internet intelligente potrebbe magari aspirare a essere spenta, o essere del tutto indifferente al concetto di fine.
L’intelligenza implica numerosi elementi, comprese memoria e previsione. Questi ultimi sono già programmati nella Rete. Google anticipa i nostri termini di ricerca già nel momento in cui li digitiamo e la nuvola informatica è carica di dati memorizzati. La nostra ricerca dell’intelligenza aspira a spingersi oltre, a trovare un elemento emergente che rappresenti una forma di individualità. Magari dovremmo mirare a rintracciare eventuali pensieri. Ecco qualche traccia che potrebbe essere interessante trovare in un sistema globale:
pensieri collettivi;
superorganismi globali;
coscienza globale;
coscienza di rete;
superintelligenza;
intelligenza non umana;
coscienza non umana;
intelligenza artificiale.
Ora, se tralasciassimo gli aggettivi e ci focalizzassimo sui sostantivi, la nostra analisi spazierebbe dalla ricerca di tracce di un organismo, ai pensieri, all’intelligenza, alla consapevolezza. Forse, allora, potrebbe essere una ricerca di tipo consecutivo: prima cerchiamo un super organismo globale, poi un’intelligenza globale, quindi una coscienza globale?
Seti ha risolto il problema della definizione concentrando l’attenzione sulle anomalie. Allora, forse anche noi dovremmo cambiare denominazione al progetto, passando magari alla ricerca delle anomalie su Internet? Questo darebbe senz’altro più ampio respiro agli obiettivi da perseguire, ma non mirerebbe abbastanza alto. Ad ogni modo, esaminare le anomalie dei segnali è già un ottimo punto di partenza.
Al momento è improbabile che ricerche del genere riescano a trovare un’intelligenza internet, ma è comunque verosimile che un’indagine tanto insolita produca benefici in altri campi. Fissare i contorni delle prove di un’intelligenza internet contribuirà al lungo dibattito sulla natura delle menti artificiali. E gli strumenti necessari a setacciare la Rete per individuare segni rivelatori di una consapevolezza potrebbero dar luogo a innovazioni proficue nelle telecomunicazioni globali.
Non si tratta solo di una fantasia illusoria. Ho intenzione di approfondire con la massima serietà il concetto di intelligenza internet. Ecco perché vorrei entrare in contatto con collaboratori interessati a elaborare un percorso di ricerca, o dotati delle competenze tecniche per creare strumenti concreti efficaci. Se tale aspirazione vi lascia perplessi, come è lecito che sia, basta trasformarla in qualcosa di più utile rispondendo a questa domanda:
Di quale prova avreste bisogno per dirvi persuasi dell’esistenza di un’intelligenza internet? Qual è l’elemento che giudicate imprescindibile?
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