Diventare giocolieri aiuta il cervello Può essere un'ottima attrattiva alle feste e utile per chi lavora in un circo. Ma imparare a fare il giocoliere può anche modificare alcune aree del cervello di un adulto. In meglio. |
Cosa si può fare per potenziare il proprio cervello? Imparare a fare il giocoliere. Non è una battuta di spirito, ma il risultato di uno studio condotto dai ricercatori dell'University of Regensburg, in Germania. Finalmente, per dare “gas” al proprio cervello non vengono suggeriti studi matematici, tecniche mnemoniche, test logici, pastiglie di fosforo e quant'altro, ma il libero sfogo della creatività, il movimento del proprio corpo all'aria aperta, e giochi di destrezza e abilità. Gli studiosi tedeschi, infatti, hanno provato che quest'attività può causare cambiamenti “visibili” nel cervello, agendo da potenziatore cerebrale.
La materia grigia è “elastica”. Il team ha esaminato 24 persone non abili a fare i giocolieri: metà sono stati addestrati per riuscire, almeno per 60 secondi, a mettere in atto la tradizionale “cascata a tre palle”, l'altra metà è stata utilizzata come gruppo di controllo. A tutti i partecipanti, i ricercatori hanno applicato una tecnica per misurare le concentrazioni di tessuto cerebrale con la quale hanno ottenuto risultati sorprendenti: nel gruppo di controllo non sono stati registrati cambiamenti nel cervello, mentre nel gruppo dei “giocolieri” è stata registrato un aumento della misura in due aree del cervello. Più precisamente, i giocolieri hanno sviluppato una maggiore materia grigia (che consiste perlopiù in cellule neuronali) nell'area medio-temporale e nel solco intraparietale posteriore sinistro, due regioni “addette” all'informazione visiva del movimento. Analoghi incrementi sono stati registrati anche su un'altra regione cerebrale, la sostanza bianca, cioè l'insieme di fasci neuronali che connette le diverse aree del cervello. Ritorno al passato. Dopo una "pausa" di tre mesi, durante il quale i giocolieri non hanno più praticato l'attività, i ricercatori hanno registrato una sorta di "regressione" del cervello, ossia un ritorno alle misure normali. Secondo gli studiosi, questi risultati sfidano il punto di vista, accreditato dai più, secondo il quale le esperienze non hanno effetti sul cervello. «La ricerca mostra che quello che noi facciamo nella vita di tutti giorni può avere un impatto non solo su come il nostro cervello funziona, ma sulla sua struttura ad un livello più macroscopico», ha affermato la studiosa Vanessa Sluming. |
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