Cose da non rifare
Tenere a mente ciò che ci ha turbati è il primo passo per lasciarsi alle spalle la malinconia. E chi ha problemi di memoria rimane triste più a
lungo.
Bere per dimenticare non funzionerà. E nemmeno tentare di distrarsi a tutti i costi, o cercare una pillola che con un colpo di spugna cancelli quel ricordo che vi tortura da mesi. Con le memorie negative è meglio imparare a conviverci, o la tristezza che ne deriva durerà più a lungo: lo dimostra un recente studio statunitense.
Tristezza cinematografica. Un'equipe di neuroscienziati dell'Università dello Iowa (USA) diretta da Justin Feinstein, ha selezionato 10 persone, 5 delle quali affette da una particolare forma di amnesia - in questo caso, l'incapacità di elaborare nuovi ricordi - derivante da un danno all'ippocampo, una parte del cervello fortemente coinvolta nella memoria e nella navigazione spaziale. A tutti i soggetti sono stati poi mostrati alcuni spezzoni di film "strappalacrime" alla Forrest Gump.
Non ricordo... ma fa male. Dieci minuti più tardi i ricercatori hanno testato le emozioni di tutti e 10 i volontari. Scoprendo che mentre i soggetti sani sembravano aver "digerito" il ricordo malinconico dei film, gli amnesici rimanevano tristi a lungo, pur faticando a ricordare che cosa avesse fatto scattare in loro questo stato d'animo.
La prova del nove. Lo stesso esperimento è stato quindi ripetuto, questa volta proponendo scene di film allegri e divertenti. Con risultati simili, tranne che in un punto: le emozioni negative registrate dopo la visione della prima serie di proiezioni, duravano negli amnesici molto più a lungo di quelle positive del secondo esperimento.
Bere per dimenticare non funzionerà. E nemmeno tentare di distrarsi a tutti i costi, o cercare una pillola che con un colpo di spugna cancelli quel ricordo che vi tortura da mesi. Con le memorie negative è meglio imparare a conviverci, o la tristezza che ne deriva durerà più a lungo: lo dimostra un recente studio statunitense.
Tristezza cinematografica. Un'equipe di neuroscienziati dell'Università dello Iowa (USA) diretta da Justin Feinstein, ha selezionato 10 persone, 5 delle quali affette da una particolare forma di amnesia - in questo caso, l'incapacità di elaborare nuovi ricordi - derivante da un danno all'ippocampo, una parte del cervello fortemente coinvolta nella memoria e nella navigazione spaziale. A tutti i soggetti sono stati poi mostrati alcuni spezzoni di film "strappalacrime" alla Forrest Gump.
Non ricordo... ma fa male. Dieci minuti più tardi i ricercatori hanno testato le emozioni di tutti e 10 i volontari. Scoprendo che mentre i soggetti sani sembravano aver "digerito" il ricordo malinconico dei film, gli amnesici rimanevano tristi a lungo, pur faticando a ricordare che cosa avesse fatto scattare in loro questo stato d'animo.
La prova del nove. Lo stesso esperimento è stato quindi ripetuto, questa volta proponendo scene di film allegri e divertenti. Con risultati simili, tranne che in un punto: le emozioni negative registrate dopo la visione della prima serie di proiezioni, duravano negli amnesici molto più a lungo di quelle positive del secondo esperimento.
Un antidoto al dolore. Una possibile spiegazione secondo i ricercatori, potrebbe essere che l'abilità di immagazzinare i ricordi tristi, e di rifletterci su, ci aiuti in qualche modo ad alleviare le emozioni negative che ne derivano. Come se conoscerne la causa servisse a farcene una ragione.
Se manca un "tassello" si soffre più a lungo. Ma c'è anche chi, in seguito a traumi cerebrali o patologie degenerative come la malattia di Alzheimer, ha perso questa possibilità. E non riuscendo a "ripescare" nella sua memoria la ragione della propria sofferenza, ne paga comunque le conseguenze in termini emotivi. «Questi risultati sottolineano l'importanza di mantenere un atteggiamento rispettoso nei confronti delle persone con problemi di memoria» ha detto Feinstein «perché anche se non ricordano il motivo di uno sgarbo, in loro la tristezza dura più a lungo»
Se manca un "tassello" si soffre più a lungo. Ma c'è anche chi, in seguito a traumi cerebrali o patologie degenerative come la malattia di Alzheimer, ha perso questa possibilità. E non riuscendo a "ripescare" nella sua memoria la ragione della propria sofferenza, ne paga comunque le conseguenze in termini emotivi. «Questi risultati sottolineano l'importanza di mantenere un atteggiamento rispettoso nei confronti delle persone con problemi di memoria» ha detto Feinstein «perché anche se non ricordano il motivo di uno sgarbo, in loro la tristezza dura più a lungo»
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